mercoledì 2 maggio 2007

Moscow: liberté, fraternité, inéquité.


Dopo 70 anni di uguaglianza forzata anche la Russia ha finalmente conquistato la disuguaglianza sociale, massima espressione delle grandi democrazie occidentali.
Ora anche a Mosca, come a New York, si possono ammirare donne scalze ed infreddolite mendicare di fianco ad un negozio di scarpe da 10.000 dollari.
Automobili pacchiane come un albergo di Dubai sfrecciano per le strade cittadine; mentre la classe media, per arrotondare, offre passaggi a pagamento su catorci che inquinano come una petroliera in fondo al mare.
Andare a cena fuori è economico quanto mangiarsi un piatto di banconote condite con olio e sale, e se una ragazza di classe media vuole acquistarsi un abito può permetterselo tranquillamente, evitando di mangiare per un annetto o due; se invece ha fretta, può fidanzarsi con uno dei tanti occidentali che dice di andare in Russia per la mitezza del clima.
Anche la sanità sta velocemente raggiungendo gli standard dell’occidente capitalista, e se vi siete rotti un polso potrete scegliere tra un’ingessatura o un bel bracciale di perle, tanto il prezzo è lo stesso.
L’uguaglianza comunista è un’utopia e non è mai esistita, per fortuna sulla disuguaglianza del sistema capitalistico possiamo sempre contare.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Peccato, perché in molti ci hanno creduto.

Anonimo ha detto...

è tutta colpa del capitalismo corrotto

Anonimo ha detto...

non sono d'accordo, io credo che l'uguaglianza comunista sia esistita, almeno all'inizio.

noodlesmaker ha detto...

la mia affermazione è volutamente provocatoria, e troppo lunga e noisosa sarebbe la replica su un paese che ha fatto la rivoluzione comunista senza essere passato dalla rivoluzione industriale, e troppo verbosa sarebbe la teoria sull'uomo che non ha avuto un evoluzione adeguata sul piano dell'etica.

Anonimo ha detto...

sticazzi! però sarebbe interessante la replica, se un giorno ti venisse voglia di scriverla, puoi mandarmela via mail se non vuoi annoiare gli altri.
Comunque elvi, scusa se ti do del tu anche se non ci conosciamo, ma non so se ti avrebbe fatto piacere vivere l'uguaglianza comunista, sempre che sia esistita, e soprattutto vivere quello a cui ha portato.

noodlesmaker ha detto...

elvi, ciccioski lo dice con coscienza di causa, infatti vive a Mosca e la visita che gli ho fatto per il 25 aprile mi ha ispirato questo post.

Anonimo ha detto...

Il tema dell'intervento estemporaneo meriterebbe ampia e diffusa discussione. La rivoluzione, per chi ci ha creduto, era il passaggio dall'impossibile al necessario - secondo il tipico schema dialettico. Tuttavia, l'esperienza dello stato sovietico ha soffocato le, pur genuine, aspirazioni all'uguaglianza, mortificando innanzitutto il benessere dell'individuo (e le aspirazioni dell'individuo alla ricerca del benessere). Burocrazia, autoreferenzialità dei verici di comando, gerontocrazia, nomenklatura, pianificazione: sono zavorre che opprimono l'uguaglianza. Tutti sono eguali, ma alcuni sono più eguali degli altri, no?

noodlesmaker ha detto...

Ciao innominato/a,
aggiungerei che per realizzare un ideale così alto di società occorre una popolazione matura dal punto di vista storico, non essere appena usciti dal feudalesimo aiuta molto; dal punto di vista della partecipazione politica, per vigilare sui malintenzionati; e ultimo ma non per importanza dal punto di vista etico.
Forse l'uguaglianza è come il paginone centrale di Playboy.

Anonimo ha detto...

Per tentare di stroncare questo blog sul nascere, potremmo aggiungere che la dottrina leninista non proponeva un'uguaglianza finale, quanto un'uguaglianza strumentale: nel riportare il possesso dei mezzi di produzione nelle mani dei lavoratori, e correggere la deviazione del plusvalore, restituiva un senso di progettualità alle masse. La tensione escatologica del leninismo non stava quindi nell'uguaglianza, ma nel progresso ottenuto con l'emancipazione (dal capitale) e l'affermazione di classe (che finisse con l'includere in sè l'intera collettività). Non aver permesso il raggiungimento del benessere individuale non è stato quindi una disgrazia di percorso, ma una scelta consapevole che sottende al sistema.
In questo il totalitarismo viene letto come la forma degenerativa degli stati nazionali di massa.
E queste conclusioni vengono lette anch'esse come il paginone centrale di Playboy.
Per arrivarci bisogna prima farsi tante pippe.

noodlesmaker ha detto...

La giustizia sociale non si raggiunge con il livellamento delle condizioni di vita, ma pareggiando le condizioni di partenza

PS: Questo blog è frequentato malissimo.

Anonimo ha detto...

ecco perché non trovavo più il miei quaderni degli appunti del liceo, me li avete rubati. e adesso io come faccio a rispondervi?

noodlesmaker ha detto...

tranquillo ciccioski!
puoi fare copia e incolla da wikipedia, come tutti gli altri.